Lo smart working è ormai diventato una metodologia di lavoro diffusa in tutto il nostro Paese.
La spinta verso il lavoro agile è stata data certamente dalla pandemia, ma bisogna considerare anche come questo tipo di gestione dei dipendenti slegata da orari fissi fosse già ampiamente diffusa in alcuni settori, ad esempio l’ICT (Information Communication Technology).
Chi non era preparato al cambiamento si è trovato a dover rivoluzionare i propri processi aziendali e molti imprenditori si sono domandati:
Esiste una struttura organizzativa perfetta per lo smart working?
Non è possibile dare una risposta secca, ma nelle seguenti righe farò un po’ di chiarezza.
Una nuova organizzazione aziendale per lo smart working: i dati
Per capire come si è diffuso lo smart working e come probabilmente diventerà un elemento rilevante per le aziende italiane, vediamo alcuni dati significativi pubblicati dall’Osservatorio sullo Smart Working del Politecnico di Milano e da Assolombarda.
Una recente ricerca dell’Osservatorio dice che nel marzo 2020 il lavoro da remoto riguardava più di 6,6 milioni di persone, nel settembre dello stesso anno i lavoratori a distanza erano scesi a 5 milioni, corrispondente al 33,8% dei dipendenti italiani, e la cifra si dovrebbe stabilizzare intorno a 5,3 milioni.
L’indagine “Lo smart working in numeri – Anno 2021” realizzata da Assolombarda aggiunge ulteriori informazioni che descrivono bene il presente e il futuro del lavoro agile:
- 17% di smart worker pre-Covid
- 50% di smart worker a settembre 2020
- 28% di imprese interessate allo smart working pre-lockdown*
- 93% di imprese interessate allo smart working durante il lockdown*
- 72% di imprese interessate allo smart working a settembre 2020*
- 59% di imprese saranno interessate allo smart working (tendenza futura) *
(Ricerca fatta su 1.000 associate Assolombarda)
Le percentuali non lasciano dubbi: almeno la metà delle imprese italiane si sono confrontate con il lavoro agile.
Bisogna rivedere l’organizzazione del lavoro
Dai dati riportati nel paragrafo precedente appare evidente che lo smart working è entrato a gamba tesa in aziende con struttura a matrice, struttura funzionale, struttura divisionale.
Questo ci dice che non esiste un modello perfetto per gestire chi lavora da remoto.
La maggioranza delle imprese, prima o poi, si troverà a rivedere la propria organizzazione del lavoro cominciando a slegarsi dagli orari fissi di lavoro e valutando l’operato dei dipendenti dall’ottenimento degli obiettivi e non dal tempo passato in ufficio.
Ognuna delle tre strutture aziendali citate ha pro e contro se messa in relazione al lavoro agile o al telelavoro:
- La struttura a matrice garantisce flessibilità, ma i controlli incrociati del project manager e del manager funzionale potrebbero creare problemi quando il dipendente opera da remoto.
- La struttura funzionale è caratterizzata dalla semplicità, ma prevedendo una suddivisioni in reparti specifici potrebbe rendere più difficoltosa la condivisione delle informazioni.
- La struttura divisionale spinge alla competizione tra le varie divisioni dell’azienda, ma potrebbe anche creare fratture tra i settori e complicazioni a livello di gestione del personale.
Rivoluzionare la struttura aziendale cercando di adottarne una che sembra più adatta allo smart working è una strada impraticabile per la quasi totalità delle imprese, ma si possono fare interventi mirati per ottenere un’organizzazione dei lavoratori a distanza efficiente e produttiva.
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