Se sei alla guida di una piccola o media impresa sai quanto sia difficile resistere ad anni di crisi e a continui cambiamenti del mercato.
Spesso le risorse interne non sono sufficienti per contrastare i competitor e soddisfare clienti sempre più esigenti, quindi l’unica soluzione diventa rivolgersi a professionisti esterni che possono rimettere sui binari l’azienda e farla marciare verso futuri successi.
Chiedere l’intervento di un consulente strategico per una PMI significa dare fiducia a una figura esterna che deve mettere le mani nella stanza dei bottoni, quindi bisogna instaurare da subito un rapporto di piena fiducia.
Il primo contatto con un consulente d’impresa
Un imprenditore che è sempre stato abituato a cavarsela da solo, trova difficoltà nell’affidarsi a un consulente per l’analisi dei problemi della propria attività e per l’individuazione delle migliori soluzioni.
Quindi, la prima cosa che deve fare un consulente d’impresa è comunicare con la dirigenza e spiegare l’utilità del suo lavoro.
Diciamolo anche se è scontato: la scelta del consulente è determinante.
Dare un’azienda in mano a una persona priva di esperienza e delle necessarie skill è come chiedere a un bambino di sistemare un fucile inceppato. Il disastro è dietro l’angolo.
Già durante il primo colloquio, l’imprenditore o i soci dell’azienda devono capire se quello che hanno davanti è veramente il consulente strategico perfetto per la propria PMI.
Cosa fa un consulente manageriale in una PMI?
Il lavoro del consulente può essere schematizzato in una serie di step:
- Meeting conoscitivo. Al primo appuntamento il consulente e la dirigenza si presentano e vengono esposti i problemi da risolvere.
- Analisi dell’azienda. Il consulente verifica lo stato attuale dell’attività e i reali fabbisogni.
- Individuazione degli obiettivi. Il consulente strategico, insieme alla dirigenza, stabilisce quali sono i traguardi da raggiungere a breve e lungo termine.
- Analisi delle risorse interne ed esterne. In questa fase viene stabilito se il personale dell’azienda è idoneo al raggiungimento degli obiettivi. Quando le risorse interne non sono sufficienti, si passa al reperimento di professionisti esterni che possano integrare quelli già presenti in azienda.
- Piano strategico. È di fondamentale importanza mettere nero su bianco tutte le attività da eseguire per raggiungere gli obiettivi. Non si lavora improvvisando, ma seguendo le fasi prestabilite, riadattandole solo a fronte di un’accurata analisi dei risultati intermedi.
- Fase operativa. Si passa a mettere in atto ciò che era stato inserito nel piano, dividendo i compiti a seconda delle specifiche abilità del personale.
- Analisi dei risultati. Vengono monitorati i micro-obiettivi e l’andamento dei diversi progetti avviati per far crescere l’azienda.
- Formazione. Per dare continuità all’operato, il consulente direzionale forma e/o affianca l’imprenditore e le figure dirigenziali.
Ognuno di questi passaggi è da eseguire con attenzione e sempre rapportando la consulenza alla realtà in cui il consulente sta operando. Le PMI hanno punti comuni, ma ognuna ha specifiche che ne determinano il successo o il fallimento.
La consulenza direzionale è davvero utile? Sì, se…
Volendo essere lapidario, dovrei dire che una consulenza direzionale è sempre la scelta migliore quando un’azienda è in stallo o quando deve affrontare una serie di cambiamenti.
In realtà, la grande differenza la fanno il consulente stesso e il suo bagaglio esperienziale. La consulenza sarà più o meno efficace a seconda di come viene impostata.
Quindi: sì, la consulenza direzionale è uno strumento utile a una PMI, ma solo se viene fatta con estrema professionalità.
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